Ho appena finito la lettura del nuovo DPCM sul blocco delle attività legato alla pandemia. Nessuna novità sul fronte della riapertura per i nostri centri culturali sportivi, ne riparleremo dal 18 maggio in avanti. Tante richieste dal mondo del Terzo Settore stanno arrivando in Parlamento e sul tavolo del governo. Tutte tese a sgravi fiscali e riduzione di costi, sono tutte caratterizzate dalla forma di aiuti a pioggia. Bene, ma poi come li distribuiamo e chi li distribuisce? Non viene precisato e questo non è bello.
Non possiamo dimenticare che voler ripartire significa conoscere la strada che si vuol percorrere. Senza sapere quali saranno i contenuti della riforma dello sport, senza conoscere se e quando la riforma del terzo settore sarà a regime, a questo proposito: sarà partita o meno l’autorizzazione per la parte fiscale alla UE? In che direzione dovranno muoversi gli enti? Come dovranno spendere gli eventuali denari che dovessero arrivare come contribuzione?
Io credo che il problema non sia solo quando riaprono i centri sportivi, ma anche con quali regole. E queste ad oggi mancano o perlomeno non sono note. Non mi sembra che tra le richieste trasmesse ci sia stata anche quella sulle regole da dover rispettare e tra queste diventa fondamentale capire come garantire la limitazione di responsabilità per tutti i dirigenti degli enti dello sport e del terzo settore. Mi ponevo infatti una domanda: nel caso in cui si aprisse un focolaio all’interno di un’attività sportiva e culturale indetta da un ente senza scopo di lucro e senza personalità giuridica, quali potranno essere le conseguenze risarcitorie o penali da porre in capo ai dirigenti che per incuria, imprudenza, o imperizia non sono riusciti a garantire la salute dei propri iscritti? Chi rimarrà presidente di un club consapevole che il rischio di una semplice borraccia lasciata incustodita in campo potrà portare ad un contagio e quello che ne consegue? Pensiamoci, per favore, prima che accada.